AMBITO DI APPLICAZIONE DEL PROTOCOLLO DEL 24 APRILE 2020

2 – MODALITA’ DI INGRESSO IN AZIENDA

Al termine del periodo di isolamento fiduciario, se non sono comparsi sintomi, la persona può rientrare al lavoro ed il periodo di assenza risulta coperto dal certificato emesso all’inizio del periodo di isolamento. Qualora durante il periodo di isolamento fiduciario la persona dovesse sviluppare sintomi, il Dipartimento di Sanità Pubblica, che si occupa della sorveglianza sanitaria, provvederà all’esecuzione del tampone per la ricerca di SARS-CoV-2. In caso di esito positivo dello stesso bisognerà attendere la guarigione clinica (cioè la totale assenza di sintomi). A quel punto verranno effettuati due tamponi di conferma di avvenuta guarigione a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Se entrambi i tamponi risulteranno negativi la persona potrà tornare a lavoro, altrimenti proseguirà l’isolamento fiduciario. Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE

3 – MODALITA’ DI ACCESSO DEI FORNITORI ESTERNI/VISITATORI

Le regole sono indicate all’allegato 5 del Dpcm 26 aprile 2020. Fra queste vi è il mantenimento, in tutte le attività, del distanziamento sociale e la pulizia e l’igiene ambientale almeno due volte al giorno e in funzione dell’orario di apertura. È inoltre obbligatorio far rispettare le misure anticontagio, come l’ingresso uno alla volta nei piccoli negozi e l’accesso regolamentato e scaglionato nelle strutture di più grandi dimensioni, l’uso di mascherine e guanti per i lavoratori e quello del gel per disinfettare le mani e dei guanti monouso per i clienti dei supermercati, da mettere a disposizione vicino alle casse e ai sistemi di pagamento, nonché, ove possibile, percorsi diversi per entrate e uscite. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Gli spostamenti per motivi di lavoro sono sempre consentiti. È comunque fortemente raccomandato, ove possibile, evitare di incontrare persone non conviventi ed è quindi preferibile effettuare colloqui e incontri di lavoro tramite telefono o videoconferenza. Ove fosse necessario l’incontro diretto, occorre l'uso della mascherina o di altri dispositivi di protezione delle vie respiratorie nonché l’adozione delle misure necessarie per rispettare il divieto di assembramento ed il distanziamento interpersonale, anche mediante prenotazione telefonica della visita. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
No. Il principio contenuto all'articolo 103, comma 2, del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 non può essere esteso alle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro di cui all'articolo 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Infatti, la disposizione introdotta in via eccezionale dal predetto articolo 103, comma 2, non contempla anche gli atti relativi ad attività di verifica rilasciati da soggetti privati. E ciò anche al fine di scongiurare che la mancata effettuazione delle verifiche delle attrezzature di lavoro possa comportare la messa in pericolo di beni e di interessi di primaria importanza, come la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro. Fonte: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

4 – PULIZIA E SANIFICAZIONE IN AZIENDA

L'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un utile vademecum che fornisce indicazioni sulle attività di pulizia e sanificazione. Fonte: ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

5 – PRECAUZIONI IGIENICHE PERSONALI

Il lavaggio delle mani ha lo scopo di garantire un’adeguata pulizia e igiene delle mani attraverso un'azione meccanica. Per l’igiene delle mani è sufficiente il comune sapone. In assenza di acqua si può ricorrere ai cosiddetti igienizzanti per le mani a base alcolica. Se si usa il sapone è importante frizionare le mani per almeno 60 secondi. Se il sapone non è disponibile usare una soluzione idroalcolica per almeno 20-30 secondi. I prodotti reperibili in commercio per la disinfezione delle mani in assenza di acqua e sapone (presidi medico-chirurgici e biocidi autorizzati con azione microbicida) vanno usati quando le mani sono asciutte, altrimenti non sono efficaci. È importante lavarsi le mani: Prima di toccarsi occhi/naso/bocca (per es. per fumare, lavare i denti, etc.) di mangiare di assumere farmaci o somministrare farmaci ad altri Prima e dopo aver maneggiato alimenti, soprattutto se crudi aver usato i servizi igienici, aver medicato o toccato una ferita aver cambiato il pannolino di un bambino aver toccato una persona malata aver toccato un animale Dopo aver frequentato luoghi pubblici (negozio, ambulatorio, stazione, palestra, scuola, cinema, bus, ufficio, etc.) e, in generale, appena si rientra in casa aver maneggiato la spazzatura aver utilizzato soldi aver toccato altre persone. È buona abitudine, inoltre, tossire/starnutire nella piega del gomito, per evitare di contaminare le mani con cui successivamente si possono trasmettere i propri microrganismi (toccando ad esempio il cellulare, la maniglia di una porta, etc.). Infine, si raccomanda di utilizzare fazzoletti monouso per soffiare il naso, possibilmente eco-sostenibili, e di smaltirli nei rifiuti, e lavarsi le mani, subito dopo l’uso. Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE
Gli uffici dovrebbero rimanere comunque aperti. La presenza di soluzioni disinfettanti è una misura di ulteriore precauzione ma la loro temporanea indisponibilità non giustifica la chiusura dell’ufficio, ponendo in atto tutte le misure necessarie per reperirle. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

6 – DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Ecco come fare:
  • prima di indossare la mascherina, lavati le mani con acqua e sapone o con una soluzione alcolica
  • copri bocca e naso con la mascherina assicurandoti che sia integra e che aderisca bene al volto
  • evita di toccare la mascherina mentre la indossi, se la tocchi, lavati le mani
  • quando diventa umida, sostituiscila con una nuova
  • puoi riutilizzare la mascherina solo se sulla confezione sono riportate indicazioni, che possono includere anche il numero di lavaggi consentito senza che questo diminuisca la loro performance
  • togli la mascherina prendendola dall’elastico e non toccare la parte anteriore della mascherina; dopo lavati le mani.
Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE
L’uso dei guanti, come quello delle mascherine, aiuta a prevenire le infezioni ma solo a determinate condizioni. Diversamente, il dispositivo di protezione può diventare un veicolo di contagio. Quindi, sì all’utilizzo dei guanti a patto che:
  • non sostituiscano la corretta igiene delle mani, che deve avvenire attraverso un lavaggio accurato e per 60 secondi
  • siano ricambiati ogni volta che si sporcano ed eliminati correttamente nei rifiuti indifferenziati
  • come le mani, non vengano a contatto con bocca naso e occhi
  • siano eliminati al termine dell’uso, per esempio, al supermercato
  • non siano riutilizzati.
Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE
Al momento, non è noto il tempo di sopravvivenza dei coronavirus nei rifiuti. Per precauzione quindi, mascherine e guanti vanno smaltiti con i rifiuti indifferenziati ma sempre posti prima dentro almeno due sacchetti (uno dentro l’altro) o in numero maggiore in dipendenza della loro resistenza meccanica, per evitare eventuali contatti da parte degli operatori ecologici. Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE

7 – GESTIONE SPAZI COMUNI (MENSA, SPOGLIATOI, AREE FUMATORI, DISTRIBUTORI DI BEVANDE E/O SNACK…)

Le auto possono essere utilizzate da più passeggeri solo se si rispetta la distanza minima di un metro. Non è possibile andare in due in moto, non essendo possibile la distanza minima di un metro. Entrambi questi limiti non valgono se i mezzi sono utilizzati solo da persone conviventi. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

8 – ORGANIZZAZIONE AZIENDALE (TURNAZIONE, TRASFERTE E SMART WORK, RIMODULAZIONE DEI LIVELLI PRODUTTIVI)

Ferma restando la necessità di ridurre la presenza dei dipendenti pubblici negli uffici e di evitare il loro spostamento, per le attività che, per la loro natura, non possono essere oggetto di lavoro agile, le amministrazioni, nell’esercizio dei propri poteri datoriali, adottano strumenti alternativi quali, a titolo di esempio, la rotazione del personale, la fruizione degli istituti di congedo, della banca ore o istituti analoghi, nonché delle ferie pregresse nel rispetto della disciplina definita dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro. Per i lavoratori del settore privato, il datore di lavoro potrà valutare la possibilità di riconoscere a tali lavoratori forme di flessibilità oraria o di modifica transitoria dell’articolazione dell’orario di lavoro limitatamente al periodo di durata dell’emergenza ovvero il ricorso ad altri strumenti di flessibilità comunemente previsti dalla contrattazione collettiva (ad. esempio banca ore) ovvero la concessione di permessi straordinari. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Sì. Sono previste modalità semplificate e temporanee di accesso al lavoro agile e non ci sono limiti, considerato che anche la normativa vigente prima dello stato d’emergenza sanitaria non prevedeva una soglia massima di lavoratori in questa modalità. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
La modalità di lavoro agile, cd. smart working, ai sensi dell’articolo 87, del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia”) è la modalità di ordinario svolgimento della prestazione lavorativa nel pubblico impiego fino alla fine dello stato di emergenza o, se del caso, ad un termine più breve stabilito con Dpcm su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione. Il Dpcm del 10 aprile 2020 ha specificato che tale modalità di lavoro può essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato prescindendo dagli accordi individuali e che i relativi obblighi di informativa sono assolti anche in via telematica con la documentazione disponibile sul sito dell’INAIL. Tale modalità è applicata, in quello privato, ai lavoratori dipendenti disabili con connotazione di gravità e ai lavoratori dipendenti che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità con connotazione di gravità. Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
No. Se l’amministrazione pubblica o il datore di lavoro privato non può fornire la strumentazione necessaria, il lavoratore può comunque avvalersi dei propri supporti informatici per svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile. Tuttavia, l’Amministrazione (o il datore di lavoro privato) è tenuta ad adottare ogni misura organizzativa e gestionale per assicurare lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in modalità agile. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

10 – SPOSTAMENTI INTERNI, RIUNIONI, EVENTI INTERNI E FORMAZIONE

Sì. È possibile promuovere percorsi informativi e formativi in modalità agile che non escludano i lavoratori dal contesto lavorativo e dai processi di gestione dell’emergenza. Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall'articolo 103, comma 2, del Decreto-legge n. 18 del 2020, si ritiene che nel caso in cui non sia possibile, temporaneamente, effettuare l'aggiornamento previsto si possa ugualmente proseguire lo svolgimento dell'attività lavorativa. Diversamente, per quanto riguarda la formazione da svolgere ex novo (ad esempio in caso di assunzione di nuovo personale, o nel caso di cambio di mansione, ovvero ancora nel caso dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro), si ritiene che la stessa non possa essere posticipata, ferma restando la possibilità di svolgere la formazione in videoconferenza se ne ricorrono i presupposti. Fonte: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
In considerazione della situazione eccezionale, le modalità di erogazione della formazione a distanza rimangono da preferire. Tuttavia, si ritiene possibile erogare formazione in presenza, inclusa la parte pratica dei corsi, se le condizioni logistiche ed organizzative adottate dal soggetto responsabile delle attività formative siano in grado di assicurare il pieno rispetto di tutte le misure di prevenzione e contenimento del contagio individuate per la gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Fonte: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall'articolo 103, comma 2, del Decreto-legge n. 18 del 2020 si ritiene che la mancata effettuazione dell'aggiornamento non preclude lo svolgimento dell'attività lavorativa. Fermo restando, naturalmente, l'obbligo di completare l'aggiornamento immediatamente dopo la fase emergenziale. Inoltre, al fine di contemperare l'esigenza del contenimento delle attività con il necessario aggiornamento delle competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, si ritiene ammissibile, in via temporanea, lo svolgimento delle attività formative in videoconferenza esclusivamente con modalità sincrona, ad esclusione della parte pratica dei corsi, in modo da garantire la verifica delle presenze dei soggetti da formare e la piena interazione tra questi ultimi e i docenti (ad esempio assicurando la condivisone del materiale didattico, la possibilità di formulare domande, etc.). Fonte: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

12 – SORVEGLIANZA SANITARIA/MEDICO COMPETENTE/RLS

L’indicazione ad eseguire il tampone è posta dal medico in soggetti sintomatici per infezione respiratoria acuta e che soddisfino i criteri indicati nella circolare del Ministero della Salute del 9 marzo 2020 e secondo le priorità identificate dalla circolare del 3 aprile 2020. Tra i criteri rientrano: il contatto con un caso probabile o confermato di COVID-19, la provenienza da aree con trasmissione locale, il ricovero in ospedale e l’assenza di un’altra causa che spieghi pienamente il quadro clinico. Per quanto attiene alle priorità nell’esecuzione dei tamponi bisogna considerare le persone che presentano sintomi respiratori e febbre o sintomi lievi (“paucisintomatici”), i contatti a rischio familiari e/o residenziali sintomatici di un caso confermato di COVID-19, gli operatori sanitari, i pazienti fragili e quelli ospedalizzati. Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE

13 – AGGIORNAMENTO DEL PROTOCOLLO DI REGOLAMENTAZIONE

I Protocolli del 24 aprile non dispongono nulla sulla composizione del Comitato, salvo che ad esso partecipano le rappresentanze sindacali aziendali e il RLS. Questa è, quindi, l’unica presenza da cui non si può prescindere: RSA e RLS (non altri lavoratori che non abbiano quelle qualifiche, peraltro). In realtà, si tratta di componenti “necessari” soltanto nel caso in cui tali figure esistano all’interno del luogo di lavoro: ma potrebbero anche non esserci, ed infatti, i Protocolli contemplano la possibilità che il Comitato Aziendale non venga costituito. L’altra presenza che si deve ritenere necessaria è quella della parte datoriale (è bene precisarlo, anche se non è menzionata): del resto, il Comitato è costituito “in azienda”, con lo scopo di applicare e verificare il Protocollo Aziendale che è atto (e documento) del datore di lavoro; sarebbe impensabile un Comitato, costituito per gestire il fenomeno COVID-19 in azienda, che non veda la presenza datoriale. Altra questione è, invece, chi debba farne parte in rappresentanza dell’azienda. Parte datoriale e parte sindacale sono dunque gli unici componenti necessari del Comitato. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
Non è obbligatorio che il Comitato veda la presenza personalmente del datore di lavoro, intendendo per tale il soggetto individuato ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera b) del Decreto 81/08; sarà componente del Comitato il soggetto che il datore di lavoro riterrà di designare in funzione della organizzazione aziendale e delle proprie scelte, appunto, datoriali. Potrà trattarsi del delegato art. 16, ove esistente; ma anche di un delegato “generico”, per dire così, appositamente indicato per lo scopo; potrà essere un soggetto appartenente alle funzioni della produzione, delle risorse umane, dell’HSE, e così via. Potrà anche trattarsi di più soggetti tra questi, qualora il datore di lavoro ritenga che sia opportuno. La sola condizione, che sembra doversi individuare, è che si tratti di una figura che occupa un ruolo aziendale significativo e adeguato alla funzione del Comitato e quindi al confronto con la parte sindacale. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
I Protocolli del 24 aprile non richiedono nessuna composizione specifica del Protocollo, a parte la presenza di RSA e RLS. Il fatto che essi nulla dicano sulla partecipazione al Comitato di RSPP e Medico competente è chiaro indice della scelta di lasciare libertà nella costituzione dell’organismo. Una presenza obbligata del RSPP e/o del MC, d’altro canto, non appare giustificata né dalla natura di questo organo collegiale, sostanzialmente concepito come un soggetto di partecipazione delle (contro)parti sindacali, né dalla sua funzione, che appare disegnata come momento di confronto e di (appunto) partecipazione. RSPP e MC non appaiono, a maggior ragione quali soggetti esterni alla organizzazione, naturali elementi costitutivi di questa realtà di partecipazione; anzi la loro presenza si mostra per molti versi poco in linea con la funzione dell’organismo. Naturalmente, le azioni e le valutazioni di RSPP e MC - che continuano comunque ad essere compiute, nell’ambito dei rispettivi compiti - potranno ben essere utilizzate e valorizzate dal Comitato nell’esercizio delle proprie funzioni. Diversa può essere la risposta se le aziende aderiscono ad organizzazioni firmatarie di specifici Protocolli che dispongono in tal senso (ad esempio il Protocollo Moda del 15 aprile 2020); ma certo sono funzioni che poco hanno a che vedere con la funzione partecipativa dell’organismo quale momento di confronto aziendale. La libertà di composizione si traduce anche, in termini concreti, nella mancanza di un obbligo di un RSPP (esterno, per l’interno ovviamente la dinamica è tutt’altra trattandosi di un rappresentante della parte datoriale in senso lato) o di un MC, di divenire componente di un Comitato Aziendale contro la sua volontà, o comunque in forza di un qualche inesistente automatismo con la funzione. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
I punti dei due Protocolli del 24 aprile che introducono i Comitati si intitolano entrambi “Aggiornamento del Protocollo di Regolamentazione”. La funzione del Comitato Aziendale è così già chiaramente indicata: si tratta di un organismo il cui scopo è di fare in modo che il Protocollo Aziendale sia aggiornato alle esigenze di un fenomeno in continua evoluzione. I due Protocolli enunciano in maniera identica anche la funzione del Comitato nel corpo dei due articoli: Comitato “per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione”. Applicazione, verifica, aggiornamento: il Comitato Aziendale è strumentale a questi obiettivi. La logica è quella della partecipazione (nel Protocollo Servizi Ambientali del 19 marzo 2020, il paragrafo che costituisce il Comitato si intitola “Partecipazione-Livello Aziendale”). Come si ricorderà, i Protocolli nascono da un esplicito invito del DPCM 11 marzo 2020 ad intese “tra organizzazioni datoriali e sindacali”. I Comitati sono il risultato di quelle intese, e lo strumento attraverso cui le parti che le hanno firmate hanno voluto poi dare a questa partecipazione una continuità di azione. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
La natura spiccatamente sindacale e partecipativa del Comitato consente di dare un significato ben definito alla nozione di “verifica”, l’unica che potrebbe far insorgere qualche incertezza sull’ambito di azione del Comitato, sul contenuto delle sue attività, e in ultima analisi anche sulla rilevanza giuridica di esse (anche in termini di responsabilità). La parola “verifica”, infatti, ha un peso particolare, quando si parla di sicurezza sul lavoro, in quanto teoricamente affine a concetti come “vigilanza”, “controllo”, e simili. In realtà, già sul piano letterale (pur nella consapevolezza che la tecnica di scrittura dei Protocolli Condivisi non è cristallina) si può innanzitutto osservare che non si parla, appunto, di “vigilanza”, intesa come azione puntuale di controllo momento per momento specificamente finalizzata ad accertare l’osservanza delle regole ed a prevenirne la violazione. Già letteralmente, dunque, il Comitato non compie attività di vigilanza operativa. Ma è soprattutto sul piano sistematico, che la “verifica” non può essere letta come “vigilanza”. Innanzitutto perché il sistema aziendale di vigilanza sulle regole già esiste, e certamente opera per le regole anti-contagio come per ogni altra regola di prevenzione. Creare un organo di vigilanza ulteriore, al di fuori perdipiù di ogni schema normativo, è del tutto inutile ai fini della tutela, e fonte di insuperabile confusione ai fini dell’applicazione. In secondo luogo perché la funzione di vigilanza è del tutto estranea alla logica della partecipazione, laddove la nozione di “verifica” indica invece in maniera chiara l’intento delle parti firmatarie: assoggettare il Protocollo Aziendale a momenti di analisi partecipata, nei quali appunto “verificare” assieme – datore e sindacato - se le regole previste hanno dato buona prova di sé, se sono compatibili con l’organizzazione e con il suo  funzionamento, se sono adeguate rispetto all’andamento del fenomeno pandemico, e così via. Ogni diversa interpretazione, che attribuisse al Comitato funzioni di vera e propria vigilanza, dovrebbe fare i conti con una serie di questioni di difficile (impossibile?) soluzione: la rispondenza costituzionale e legislativa di un organismo avente funzioni di vigilanza ma creato da parti private; le modalità di esercizio della vigilanza; l’esistenza o meno di poteri in capo al Comitato, e se sì di quale natura; la disciplina delle conseguenze in caso di accertamento delle violazioni; la responsabilità dei componenti del Comitato per omessa o inadeguata vigilanza. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
La costituzione del Comitato non fa venire meno, ovviamente, il sistema di sicurezza aziendale operante ai sensi del Decreto 81/08; ma neppure si affianca ed aggiunge ad esso come una sorta di organismo ulteriore che replica le funzioni di quel sistema. Così come RSPP e MC concorrono alla definizione delle misure nell’ambito delle loro funzioni, supportando il datore di lavoro secondo lo schema consueto e ben noto, così i soggetti aziendali della sicurezza continuano a svolgere il loro ruolo nella fase di attuazione delle regole di prevenzione anti-contagio: lo faranno i dirigenti ed i preposti per la operatività concreta e per la vigilanza, lo faranno il RSPP e il MC per l’esercizio del loro ruolo. Il Comitato si pone ad un altro e diverso livello, di confronto sull’andamento delle cose. In sostanza, il Comitato è la sede istituzionalizzata in cui parte datoriale e parte sindacale sono chiamate a svolgere il proprio confronto partecipativo: in quella sede, il Comitato ragiona sui dati e sulle informazioni che le funzioni aziendali (ivi comprese quelle di parte lavoratori, RLS in primis) avranno raccolto nell’esercizio della loro attività; quei dati e quelle informazioni costituiranno il presupposto di conoscenza necessario al Comitato per determinare se il Protocollo è davvero applicato, per verificare se le misure sono attuate in maniera soddisfacente, se necessitano di correttivi, e così via. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
L’Organismo di Vigilanza 231 conforma il proprio operato, in relazione al rischio COVID19, secondo i canoni che gli sono propri e nell’ambito delle regole tracciate dal Modello di Organizzazione e Gestione dell’ente. Da questo punto di vista, tra Comitato e OdV non ci sono relazioni particolari: né rapporti privilegiati, né posizioni conflittuali, né sovrapposizioni. Per il Comitato, la presenza e/o l’operato dell’OdV rimangono questioni sostanzialmente estranee e di nessun interesse; il Comitato non è certo la sede per sindacare il generale approccio dell’ente alla materia della sicurezza sul lavoro. Per l’OdV, potrà essere utile conoscere gli esiti delle attività del Comitato e le valutazioni espresse da questo, trattandosi di una delle fonti informative utili a compiere la generale azione di vigilanza sulla attuazione del Modello 231. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
Per testuale previsione dei Protocolli del 24 aprile 2020, può accadere che “non si dia luogo alla costituzione di comitati aziendali”. Ciò può essere dovuto alla “particolare tipologia di impresa” (dimensioni, organizzazione, struttura incompatibili con la configurazione di un organo partecipativo) o al “sistema delle relazioni sindacali” (mancanza di RLS, di RSA, o altro); in ogni caso è scritto in maniera inequivocabile, che un Comitato Aziendale può non essere costituito. Probabilmente, il tenore del Protocollo va inteso nel senso che, là dove RLS e/o RSA vi siano, il Comitato va costituito; ma il dato letterale è chiaro. Questo risponde anche alla domanda, se sia applicabile una sanzione, e quale, quando si accerti che un Comitato non è stato costituito; e risponde all’ulteriore domanda, quali responsabilità si configurerebbero in caso di infortunio da COVID-19 in un’azienda senza Comitato. Non si riesce davvero ad immaginare, su quali basi normative ed in riferimento a quali norme potrebbe affermarsi l’applicabilità di una sanzione, o dichiararsi l’esistenza di una responsabilità per il mero fatto della mancata costituzione del Comitato. Sarebbe paradossale che l’invito del DPCM a intese sindacali, dopo essersi trasformato nella più o meno inconsapevole culla di regole tra privati divenute norme generali, diventasse anche il primo esempio di responsabilità penale o amministrativa per omessa partecipazione sindacale. Si può semmai osservare, da ultimo, che proprio la soluzione prevista nel Protocollo del 24 aprile 2020 in caso di mancanza del Comitato Aziendale, e cioè la istituzione di un Comitato Territoriale composto dagli Organismi Paritetici, conferma una volta di più la natura del Comitato quale organo di partecipazione, e non quale nuova figura del sistema di sicurezza aziendale. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
Quando mancano in azienda sia la RSA che il RLS, la costituzione di un Comitato Aziendale si risolve in una formalità senza sostanza e senza significato, posto che vi è solo la parte datoriale e posto che le funzioni aziendali operano comunque al di fuori del Comitato; sarebbe pertanto improprio pretendere di trovarlo, in sede ispettiva; sarebbe altrettanto improprio costituirlo (magari solo per mostrare in sede ispettiva che esiste). Quando mancano RSA e RLS e il Comitato Aziendale non si costituisce, ciò che i Protocolli del 24 aprile prevedono è che siano le rispettive organizzazioni sindacali ad attivarsi, in particolare attraverso gli Organismi Paritetici, per istituire un Comitato Territoriale. La partecipazione e il confronto si spostano a livello territoriale. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA
Alla base della introduzione del Comitato è la dichiarata esigenza di applicazione e verifica delle regole scritte per gestire la fase emergenziale anti-contagio. Il Comitato opera solo ed esclusivamente in funzione delle regole del Protocollo, e non come organismo che si occupa della sicurezza nei luoghi di lavoro nel loro insieme. Per lo stesso motivo, quando il fenomeno pandemico si esaurirà, porterà via con sé tutto ciò che ha creato: dai Protocolli Aziendali, ai Comitati, alle misure di emergenza. Si chiuderà una finestra; il sistema di regole “Decreto 81/08” tornerà ad essere guida e riferimento. Fonte: ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PADOVA